tumore del rene

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L’aumento dell’incidenza diagnostica del tumore del rene è conseguenza del più frequente riscontro di lesioni renali definite incidentali per mezzo di esami radiologici di imaging come l’ecografia, eseguita per accertamenti di routine o eseguita per altre ragioni cliniche.
Questo a portato alla diagnosi di tumori renali di dimensioni contenute e di conseguenza la chirurgia renale si è orientata verso una chirurgia conservativa cioè volta all’asportazione della lesione tumorale preservando la maggior quantità di parenchima renale sano.
Di conseguenza questo porta ad una forte riduzione del rischio d’insorgenza di malattia renale cronica e di malattie cardiovascolari.
I tumori renali rappresentano il 3% dei tumori in età adulta. Può interessare anche l’età infantile, tumore di Wilms. L’incidenza di questa patologia aumenta progressivamente a partire dai 35 anni di età, con un picco d’incidenza intorno ai 65 anni.
La forma istologica di tumore renale di più comune riscontro è il Carcinoma a cellule renali.
A tutt’oggi non è stato riconosciuto un preciso agente eziologico. Vi è una incidenza doppia di questa patologia nei fumatori di sigaretta, di sigaro e pipa. Altri fattori di rischio possibile sono l’obesità, terapia estrogenica non bilanciata, ipertensione arteriosa.
La famigliarità per carcinoma renale è associata ad un rischio quadruplicato.
Il tumore del rene può causare manifestazioni cliniche sintomatiche o essere del tutto silente.
Quelli con manifestazioni cliniche sono quasi sempre al momento della diagnosi forme avanzate. Le forme silenti sono lesioni di dimensioni contenute (minori o uguali a 4 cm) riscontrate incidentalmente ad una ecografia. Questa neoplasia solida o cistica di pochi cm viene definita “piccola massa renale”. Dal punto di vista prognostico queste forme cliniche sono guaribili nella maggior parte dei casi tramite escissione chirurgica. All’esame istologico postoperatorio, la letteratura scientifica conferisce a queste piccole masse renali un tasso di malignità nel 75-80% dei casi.

Quando il tumore renale da segno di se, si possono manifestare uno o più dei seguenti sintomi che nell’insieme costituiscono la triade di Virchow:
- massa addominale palpabile
- dolore al fianco di tipo gravitavo
- presenza di macroematuria.
A oggi questa triade si manifesta in circa il 10% dei casi. Il sintomo più frequente è la macroematuria ( riscontro visivo di sangue nelle urine) monosintomatica e totale. Questa può essere fugace e durare una sola minzione oppure può durare anche alcuni giorni. A volte può essere associata all’espulsione di coaguli allungati che riproducono lo stampo dell’uretere e quindi essere seguiti da colica renale.
Dal punto di vista delle condizioni generali, il paziente può presentare astenia, calo ponderale, anoressia, febbre classicamente vespertina, anemia, sudorazione notturna, in caso di presenza di metastasi, tosse, dispnea e dolori ossei. Dato che il tumore renale nel 75-80% dei casi non presenta sintomi, fa si che circa un quarto dei pazienti quando arriva all’attenzione dell’urologo presenta già metastasi. Queste si diffondono per via ematica e linfatica. Principali sede di metastasi sono. polmone (50%), ossa (33%), fegato, surrene in particolare il sinistro, encefalo eia pancreas.
Nel 20% dei casi il tumore del rene si presenta con una concomitante sindrome paraneoplastica, conseguente alla produzione da parte della neoplasia di sostanze ormonali e/o ormonosimili: ipercalcemie da secodarismi ossei, eritrocitosi da iperproduzione di eritropoietina, ipertensione arteriosa da attivazione dell’asse renina-angiotensina-aldosterone, ginecomastia, miastenia, sindrome di Cushing. La tipica crescita espansiva del tumore, con compressione del parenchima circostante, porta alla formazione di una pseudocapsula connettivale che risulta un elemento anatomico importante negli interventi conservativi di enucleazione del tumore renale che nel decorso della malattia può essere invasa con infiltrazione del tessuto adiposo perirenale, della fascia di Gerota e degli organi vicini.
Il riscontro ecografico al rene di una massa solida o cistica con possibili sepimentazioni interne irregolari, conduce all’esecuzione di una Tac addominale con mezzo di contrasto per una diagnosi definitiva. La sensibilità della Tac è del 90% per tumori renali di diametro inferiore a 3 cm e supera il 97% per tumori di dimensioni maggiori. Alternativa alla Tac, in genere nei casi dubbi come le lesioni cistiche complesse, è la RM con mezzo di contrasto.
Nell’iter diagnostico, può avere un ruolo anche la biopsia renale percutanea eco-guidata piuttosto che Tac guidata in particolare nel sospetto di linfomi renali, metastasi o masse renali atipiche. Tuttavia, esiste con la biopsia, la possibilità di ottenere dei falsi negativi per la presenza di aree necrotiche all’interno di alcune lesioni tumorali, lesioni benigne non facilmente distinguibili da lesioni neoplastiche ben differenziate, che possono produrre campionamenti bioptici inadeguati o fuorvianti.
Il rischio di disseminazione di cellule neoplastiche attraverso il tragitto percutaneo dell’ago bioptico, ha una incidenza statistica in letteratura del 0,01%.
Le masse renali vengono suddivise in neoformazioni solide benigne e neoformazioni solide (tumori) maligni.

Neoformazioni solide benigne:
- adenoma papillare
- amartoma
- angiomiolipoma, composto da una componente vascolare, tessuto muscolare liscio e tessuto adiposo. Quando la lesione è costituita prevalentemente da tessuto vascolare, possono verificarsi episodi di emorragia spontanea. Rara la degenerazione maligna.
- oncocitoma rappresenta il 5% di chirurgia conservativa renale.

Neoformazioni solide (tumori) maligne:
- Carcinoma a cellule renali. A sua volta si distingue in: a cellule chiare - a cellule papillari (suddiviso in 2 sottotipi) - cromofobo - dei dotti collettori di Bellini

Fattori che condizionano la prognosi del tumore renale sono:
- anatomici: classificazione TNM del tumore del rene 2010
- istologici: grado di Fuhrman (4 gradi) - ISUP 2013 (4 gradi)
- clinici: condizioni generali del paziente (performance status) - sintomatologia algida localizzata - cachessia - anemia - conta piastrinica.
- molecolari: Ki67; p53; anche se quest’ultimi non hanno migliorato l’accuratezza predittiva dei sistemi prognostici in uso, tant’è che non vengono raccomandati nella pratica clinica quotidiana.
La chirurgia è il trattamento di scelta, Gold Standard, dei Carcinomi renali localizzati.
L’approccio chirurgico si divide in conservativo e radicale.
L’introduzione di sistemi classificativi nefrometrici, ha standardizzato la scelta del tipo di approccio chirurgico.

I tre sistemi più utilizzati sono:
- Padua score
- Renal score
- C-index score

Tra i criteri presi in considerazione da questi sistemi di classificazione:
- grandezza della lesione
- localizzazione della lesione nel rene
- pattern di crescita rispetto al rene (esofitico o endolitico)
- rapporto della lesione con seno renale e via escretrice.

La Nefrectomia Radicale prevede l’asportazione chirurgica dell’intero rene, con la fascia di Gerota, il surrene e il tratto lombare dell’uretere.
La Nefrectomia radicale VideoLaparoscopica HD-3D (o VideoLaparoscopica HD-3D Robot-assistita), è considerata il gold-standard per il tumore renale in stadio T1 non trattabile con chirurgia renale conservativa, o in stadio T2. La chirurgia aperta viene riservata per casi più avanzati o complessi, anche se oggi esiste la tendenza ad operare con tecnica chirurgica Videolaparoscopica HD-3D anche gli stadi più avanzati e complessi.
Poiché negli stadi T1-T2 la frequenza dell’interessamento del surrene omolaterale da parte del tumore maligno è inferiore al 2%, la contestuale surrenectomia omolaterale è diventata opzionale in caso di immagini radiologiche preoperatorie negative e viene riservata solamente quando il tumore maligno si localizza al polo superiore del rene.
Data la sua funzione diagnostica e non terapeutica (resta a oggi in forte discussione se incide sulla sopravvivenza globale oppure no), la linfoadenectomia loco-regionale dovrebbe essere eseguita solo in caso di sospetto di metastasi alla Tac.
Nella nefrectomia radicale a cielo aperto, l’approccio chirurgico prevede una ampia incisione mediana a “sportello” (incisione Xifo-ombelico-sottocostale) o in alternativa un approccio sul fianco con ampia incisione e rimozione della XII costola.

Nella nefrectomia radicale laparoscopica HD - 3D (pura o robot-assistita), l’approccio chirurgico al rene può avvenire:
- per via transperitoneale, cioè passando dalla parete addominale anteriore, quindi nel sacco peritoneale attraverso l’intestino
- per via retroperitoneale, cioè dal fianco sviluppando lo spazio virtuale retroperitoneale, evitando in questo modo di passare attraverso l’intestino.
La chirurgia conservativa renale (nephron-sparing-surgery), oramai è la prima scelta per il trattamento chirurgico del carcinoma renale localizzato (T1). E’ il gold-standard nel trattamento della piccola massa renale (= o < 4 cm).
Il razionale di questo approccio chirurgico è di preservare la massima quantità di parenchima renale sano.

Questo approccio ha una indicazione assoluta nei soggetti:
- monorene (iatrogeno o congenito)
- con funzionalità renale compromessa
- nei tumori renali bilaterali
Se il tumore è chirurgicamente resecabile, anche i soggetti con tumori di diametro uguale o superiore ai 7 cm, la chirurgia renale conservativa può offrire risultati equivalenti alla chirurgia renale radicale.
In corso di chirurgia conservativa, la surrenectomia contestuale non è contemplata, se la Tac non ha evidenziato da parte della patologia interessamento del surrene. Per quanto riguarda la linfoadenectomia loco-regionale, vale il medesimo concetto espresso per la nefrectomia radicale.

Dal punto di vista tecnico chirurgico la chirurgia renale conservativa contempla diverse entità:
- enucleazione: asportazione della sola massa tumorale con la pseudo capsula che la circonda
- enucleoresezione: asportazione della massa con la sua pseudo capsula, con addossato alcuni mm di parenchima renale sano
- nefrectomia parziale: asportazione della massa con almeno 1cm di parenchima renale sano
- nefrectomia polare: asportazione dell’intero polo renale in cui è compresa la massa tumorale
- eminefrectomia: asportazione di circa la metà del parenchima renale.
Anche la chirurgia renale conservativa Videolaparoscopica HD-3D (pura o robot-assistita) può essere eseguita o per via transperitoneale, quindi passando attraverso l’intestino o per via retroperitoneale, quindi passando dal fianco e evitando l’intestino. Esistono terapie alternative al trattamento chirurgico conservativo del carcinoma renale, definite le chirurgie di sonda: RFA (ablazione radiofrequenza) e Crioablazione. L’indicazione riguarda solamente massa incidentali di piccole dimensioni, inferiori ai 4 cm, con un approccio chirurgico che può essere per via percutanea o laparoscopica. Il tasso di recidiva con le tecniche a sonda risulta maggiore, aumentando il numero dei ri-trattamenti.
Esiste anche la Sorveglianza Attiva nel caso di masse renali < ai 4 cm, che si sono riscontrate incidentalmente in pazienti molto anziani con multiple ed importanti comorbilità. Questo paziente è a elevato rischio di mortalità perioperatoria e morbilità postoperatoria. Inoltre, presenta una aspettativa teorica di vita inferiore al tempo necessario di progressione del tumore. I dati presenti in letteratura, sembrano evidenziare che in questo tipo di pazienti non trattati, la lesione ha una velocità di crescita in media pari a 0,06 -0,21 cm/anno e hanno una scarsa tendenza a metastatizzare in modo particolare nei primi anni di osservazione.
Nel tumore renale metastico, la nefrectomia non è più curativa ma palliativa. Questa è curativa solo quando è radicale, cioè se la neoplasia può essere asportata in toto. Tuttavia, nelle forme metastatiche, la nefrectomia definita citoriduttiva, quando è fattibile è comunque raccomandata.
La Radioterapia trova spazio nei pazienti con metastasi cerebrali o esse non resecatili chirurgicamente per favorire la riduzione della sintomatologia.
Data l’inefficacia della chemioterapia sistemica sul tumore renale, oggi sono state sviluppate delle target therapy e/o immunoterapie.
Le terapie target agiscono interferendo o sulla crescita delle cellule maligne, o sulla loro replicazione , o interrompono l’apporto di sangue alle cellule neoplastiche.
Si distinguono farmaci che inibiscono la neoangiogenesi e gli anticorpi monoclonali.

Tra gli antiangiogenetici:
- Sunitinib: nel trattamento di prima linea. Sorafenib: nel trattamento di seconda linea
- Pazopanib
- Temsirolimus - Everolimus

Tra gli anticorpi monoclonali:
- Bevacizumab

Nell’era pre-target terapy, il tumore renale metastatico veniva trattato con interluchina 2 e interferon alfa, quest’ultimo ora utilizzato negli ultimi tempi in associazione con bevacizumab.

Il follow-up nei pazienti sottoposti a chirurgia renale, radicale o conservativa, consiste:
- nel basso rischio: 6 mesi Ecografia - 1 anno TC - 2 anni Ecografia - 3 anni TC - 4 anni Ecorafia - 5 anni TC. Stop.
- nel rischio intermedio: 6 mesi TC - 1 Ecografia - 2 anni TC - 3 anni Ecografia - 4 anni TC - 5 anno TC. Poi un TC ogni 24 mesi.
- nell’alto rischio: 6 mesi TC - 1 anno TC - 2 anno TC - 3 anno TC - 4 anno TC - 5 anno TC. Poi TC ogni 18 eventualmente 24 mesi.



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