La prostatiti sono processi infiammatori a carico della prostata, sia da cause batteriche che non batteriche.
Il processo infiammatorio può essere di tipo acuto oppure cronico.
L’incidenza statistica della prostatite varia dal 7 al 37%, ed anche se è una delle principali cause di visite urologiche in pazienti con età inferiore a 50 anni, l’incidenza maggiore si verifica dopo i 50 anni poiché questi soggetti spesso presentano una ostruzione urinaria secondaria ad Ipertrofia Prostatica che favorisce il ristagno d’urina in vescica dopo minzione e di conseguenza aumenta la possibilità d’insorgenza di infezioni a carico della ghiandola prostatica.
Dal punto di vista classificativo vengono distinte le seguenti forme:
- Prostatite batterica acuta (classe I): si tratta di una infezione acuta batterica della ghiandola prostatica.
I patogeni responsabili possono essere, E.Coli, Klebsiella, Proteus, Pseudomonas, E.Faecalis, S. aureus. Più raramente e con un ruolo eziologico ancora controverso, Clamydia, micoplasma, Tricomonas vaginalis, virus herpes simplex 1 e 2. L’agente batterico può raggiungere il tessuto prostatico o per via uretrale (canalicolare) ascendente, o attraverso il reflusso d’urina intraprostatico, o per via linfatica e contiguità, o per via ematica.
Dal punto di vista clinico il paziente riferisce marcati disturbi minzionali irritativi della fase di riempimento vescicale, dolore pelvico e perineale, febbre elevata con brividi, stato di prostrazione fino ad una condizione clinica di urosepsi.
E’ anche frequente la macroematuria e la ritenzione acuta d’urina con necessità di posizionare un catetere vescicale.
La diagnosi si basa prevalentemente sull’anamnesi e sull’esame clinico-obiettivo. Indagini aggiuntive sono:
urocoltura su mitto intermedio, emocoltura in caso si sepsi, ecotomografia prostatica transrettale per valutare la presenza di eventuali ascessi intraprostatici che possono complicare il quadro clinico.
La terapia è prevalentemente antibiotica, inizialmente per via parenterale e poi per via orale e deve essere continuata per un periodo di 4-6 settimane. Gli antibiotici più utilizzati sono i chinolonici, cefalosporine di III generazione, penicilline ad ampio spettro, può essere associato nei casi molto gravi un aminoglicoside.
Altri farmaci utili sono il trimetropin, tetracicline, macrolidi.
Alla terapia antibiotica può essere associata una terapia anti-infiammatoria-decongestionante la ghiandola prostatica.
Quando si verifica una ritenzione acuta d’urina è necessario drenare le urine dalla vescica o tramite catetere vescicale o tramite catetere sovrapubico.
Qualora non si verifichi la defervescenza, nonostante la terapia antibiotica iniziata, deve essere presa in considerazione la possibile presenza di un ascesso intraprostatico.
- Prostatite Batterica Cronica (classe II): è una infezione cronica della prostata, con sintomatologia soggettiva che dura da almeno 3 mesi. Si può osservare la presenza di una infezione persistente, causata dallo stesso patogeno che sviluppa nel tempo resistenza agli antibiotici; la presenza di una infezione recidiva per fattori predisponenti da parte dell’organismo ospite (coliti, malattie infiammatorie intestinali, Ipertrofia prostatica ostruttiva, stato di immunodepressione ecc..); la presenza di una forma cronica ab-initio dove i patogeni progressivamente si annidano nelle ghiandole prostatiche, quindi non si ha un episodio acuto precedente e la sintomatologia è più sfumata.
I patogeni più coinvolti sono i gran negativi.
A volte, sono coinvolti Clamydia e micoplasmi.
La sintomatologia riferita è sovrapponibile a quella della prostatite acuta ma quasi sempre è più subdola e sfumata. Non si verifica puntata febbrile, né esordio acuto, né stato di prostrazione generale.
Possono associarsi, eiaculazione dolorosa, eiaculazione precoce, emospermia.
La diagnosi si basa sull’anamnesi, sull’esame clinico-obiettivo, esami colturali ed esami strumentali.
La terapia è prevalentemente antibiotica, prima scelta i chinolonici, a cui si possono associare terapie decongestionanti la ghiandola prostatica.
La durata della terapia varia dalle 4 alla 6 settimane.
- Prostatite Cronica Abatterica (classe III) o Sindrome dolorosa pelvica cronica: è caratterizzata da dolore pelvico e perineale, sintomatologia minzionale simile alla prostatite cronica batterica, in assenza di una eziologia batterica certa e dimostrata.
La Sindrome dolorosa pelvica cronica, a sua volta viene distinta in 1) dolore pelvico infiammatorio (IIIa), caratterizzato dalla presenza di leucociti all’esame urine (mitto terminale) e all’esame del liquido seminale 2) dolore pelvico non infiammatorio (IIIB), caratterizzato dall’assenza di leucociti all’esame urine (mitto termine) e all’esame del liquido seminale.
E’ una opinione scientifica diffusa, che la prostatite cronica abatterica (classe III) debba essere considerata una forma particolare di Chronic Pelvic Pain.
Fra le varie teorie eziopatogenetiche, quella più accreditata ipotizza che alla base del dolore pelvico vi sia l’attivazione dei mastociti e delle fibre C coinvolte nel dolore neuropatico.
I mastociti producono citochine che mantengono una infiammazione cronica, determinando un aumento della pressione intraprostatica con conseguente ischemia e dolore.
Talvolta, l’infiammazione cronica è inizialmente causata da un agente batterico o virale e in seguito può essere sostenuta e mantenuta da una reazione autoimmunitaria. Neurologicamente, dalla rete dei plessi ipogastrici che si distribuisce alla vescica, al retto e alla prostata, possono insorgere dei riflessi viscero-somatici alterati con riduzione della soglia del dolore.
Infatti, in questi pazienti la distensione della vescica per effetto del riempimento d’urina viene avvertito come dolore e non come stimolo ad urinare. Dal punto di vista sintomatologico, il paziente lamenta dolore e senso di pesantezza perineale, bruciore durante la minzione e/o durante l’eiaculazione, dolore allo scroto, in regione sacrale, all’inguine, agli arti inferiori, al glande e a livello sovrapubico.
Si associano anche sintomi minzionali simili a quelli della Prostatite di Classe II. Molto spesso a causa del decorso cronico della sintomatologia, il paziente è ansioso e/o depresso. La diagnosi è molto complessa ed è prevalentemente una diagnosi di esclusione. Purtroppo a oggi, non esiste per questa forma una terapia risolutiva e specifica. Vengono impiegati antibiotici, antinfiammatori, antidolorifici, alfa-litici, anti-istaminici, antidepressivi e ansiolitici quando è presente una marcata componente ansioso-depressiva. I risultati migliori sono dovuti all’associazione di FANS, ansiolitici, alfa-litici e terapia antibiotica. Altre forme terapeutiche utilizzate sono, neuromodulazione, elettrostimolazioni, termoterapia, agopuntura e massaggi prostatici, quest’ultima era una pratica molto impiegata in passato.
- Prostatite infiammatoria asintomatica (classe IV): è un riscontro infiammatorio cronico del tessuto prostatico all’esame istologico di biopsie prostatiche o dopo interventi alla prostata, in totale assenza di sintomi soggettivi riferibili all’infiammazione.
Questo tipo di infiammazione, può causare una alterazione persistente del psa totale e dei suoi derivati, ponendo il problema della diagnosi differenziale con il tumore maligno della prostata, per cui il paziente viene sottoposto ad una biopsia prostatica al fine di ottenere un referto istologico che spieghi il comportamento del psa. Questo tipo di prostatite, potrebbe essere causa d’infertilità, in quanto una infiammazione cronica delle vie seminali, oltre ai possibili esiti cicatriziali stenotici dei dotti eiaculatori, può alterare la qualità del liquido seminale.